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19 marzo 1998 - festa del papà - gli Elii a Roma!
(recensione di Stefano Bellezza)
Roma. La data è nel titolo e l'ora quasi le 21.00. Sono in ritardo NERISSIMO con il povero cristo che ha persino comprato il biglietto per tutti e due. L'air terminal si erge davanti a me in tutto lo splendore del suo fallimento commerciale. Ha persino provato a piovere (c'è anche riuscito - incontro il mio amico bagnato fradicio per la crociera in motorino). Con rassegnazione, ci accodiamo a una fila lunga già un tot di metri in fondo alla quale gli amici poliziotti ci aspettano. Zoppico come il coglione che sono, essendomi procurato uno stiramento BALLANDO a un matrimonio! (si stava pogando su Jump dei Van Halen, se non che sono ormai un matusa senza speranza). Il biglietto, tanto per la cronaca, scuciva 28 bombardoni, prevendita compresa: un esempio di rara onestà.
Finalmente, la fila si sgrana dal guardiesco imbuto. Lo shock! L'ultima volta che ero stato qui, dal posto partivano effettivamente dei treni. Ora ci hanno fatto un cybercoso con due birrerie da ricchi (10 carte la lattina), spazio-ballamento e un palco arrangiato dove si esibiranno i fanciulli. A mezz'aria c'è un camminamento stile cattedrale, che porta dai camerini al palco e viceversa. Nella mezz'ora di attesa prima del concerto facciamo in tempo a farci venire il torcicollo, visto che abbiamo notato che gli Elii pattugliano la balaustra.
E tutt'duntratt'il coro! Con un adeguato casino introduttivo,
salgono sul palco e attaccano senza indugio proprio quel pezzo
che, quando è uscito, mi ero detto: "Questa dal vivo non la
faranno mai. Mica sono gli Emerson, Lake e Palmer del 1974!"
E invece attaccano proprio La vendetta del fantasma formaggino.
Un veloce giudizio: il finale mi piace di più col parlato di
Abatantuono che non con il cantato di Feiez, ma è impressionante
come si reggono un pezzo da 8 minuti LIVE.
Ci presentano gli ospiti della serata: Brando ("Anche se non
se lo incula più nessuno", precisa Elio), Biagio Antonacci,
Whitney Houston e i Ragazzi italiani. Dubito che chi vedrà i
prossimi concerti avrà occasione di rivedere questi ultimi:
qualche spiritoso glieli ha ciulati! Inoltre Elio, mostrandoci la
maglietta in tema, ci dice come l'intento di questo concerto sia
di far rinascere il sogno di Fonopoli.
Non essendo uno scientifico, non ero preparato per trascrivere la scaletta. Cito in ordine sparso: Omosessualità (con uno splendido inizio blues/piano bar), Servi della gleba (con l'inizio che ormai tutti conosciamo e amiamo da Del meglio del nostro meglio), La donna nuda, Milza (con un intermezzo ECM/new age da urlo, in cui il kazzaro N°1 del simpatico complessino - Tanica - ha messo su un suonello alla Lyle Mays e ci ha infilato distrattamente Oh, Susanna), Cassonetto, John Holmes, El pube, una trascinante Tapparella, una simpatica Abbecedario, una Né carne né pesce che, non fossi stato zoppo, c'era da mettersi a zompettare come uno skinhead che sente i Madness, Uomini col borsello, Il vitello dai piedi di balsa 1&2, Very Good/Very Bad o komekazz'sechiama, Born to be Abramo e quante altre, e in tutte almeno qualcosina di diverso da tutte le altre esecuzioni che ho sentito!
In totale, due ore e mezza di delirio in cui i nostri, allietati da qualche problema tecnico dell'impianto, hanno dato comunque la risposta migliore che potevano a qualche disfattista che nel nuovegruppo cominciava a paventare un calo di forma. Non so se possano magari essersi rotti un po' le palle, ma a giudicare dalla faccia di Faso, almeno lui si diverte ancora come un matto.
Un'altra considerazione: ormai sono come i Rolling Stones. Salgono su un palco, fanno venti canzoni, diciotto delle quali erano proprio quello che uno voleva sentire. Eppure, rimane nello spettatore quel senso di insoddisfazione per le quindici (almeno) canzoni che avrebbe voluto sentire e loro non hanno fatto. Sarebbe possibile montare due scalette con i pezzi che non fanno! Molliamo le considerazioni e giungiamo ai punti topici: Supergiovane. Inutile che vi parli dell'esecuzione, dirò solo che Mangoni ha uno strepitoso nuovo costume sul quale c'è una scritta sul mantello, che c'è scritto? Fa vede'... S.G.? E che è? Spice Girls? (grande, ci stava tutta!) E poi il coro finale con l'ospite: sale sul palco, in occhiali neri, pernacchie e corna, Giorgio Bracardi! Col quale attaccano una canzone che, dicono, diventerà il loro inno: Che felicità. La canzone è concepita in modo da avere una strofa e un inciso. L'inciso rilancia PER FORZA la strofa, per cui la canzone può durare in eterno. Il testo non me lo ricordo, so solo che la strofa diceva "Sono uno stronzo, testa de cazzo, tarararà, tarararà, e vado a zonzo, come uno stronzo, tarararà, che felicità", proseguiva dicendo qualcosa a proposito della vita, "me'mbriaco pe'trova'na via d'uscita", poi qualcosa riguardo al drogarsi che fa dormire, "poi me svejo e ricomincio a canticchia'..." e via daccapo. Momento di pathos in cui Rocco attacca il motivo della 20th Century Fox e Bracardi lo ripete a pernacchie(!) e si finisce perché in pratica li costringono a smetterla, essendo mezzanotte passata.
Momento per le fave dietro il palco del quale, non essendo fava ufficiale, non posso parlarvi.
Conclusione: chi si aspettava un concerto antologico non essendoci in giro dischi nuovi, ebbene, ha ragione. Chi pensava che per questo il concerto sarebbe stato poco interessante e che i nostri sono in fase di mosceria, ebbene, vada e strabili. Se c'è un altro gruppo oggi in grado di offrire un concerto così, ditelo anche a me. Un saluto da quel matusa del Catoblepa.
Stefano Bellezza, stefano_bellezza@yahoo.com
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